Gabriele Mattera . Opere dal 1975 al 1984

Studio Miele . Ancona

01/12/1985 - 31/12/1985


mostra gallery testi critici catalogo

Gli ultimi «Bagnanti» di Mattera immagini sospese sulla soglia dell’assenza

Vitaliano Corbi

giovedì 25 luglio 1985

Gli ultimi «Bagnanti» di Mattera immagini sospese sulla soglia dell’assenza

            Nelle ultime opere di Gabriele Mattera l’immagine della natura domina su ogni altro elemento compositivo. Sono visioni di spiagge ampie e aperte, verso l’orizzonte lontano, là dove finalmente l’assolata distesa sabbiosa riesce a toccare il mare, una striscia tinta d’azzurro, così incerta e scialba da sembrare sul punto di svaporare del tutto nella calura afosa dell’estate.

            Paesaggi e marine, dunque? Si sarebbe proprio tentati di chiamare così questi dipinti che concludono un ciclo di esperienze pittoriche, iniziate più d’una decina di anni fa, intorno al tema, mai interrotto dei «Bagnanti». Ora, infatti, degli elementi iconografici iniziali, che avevano continuato a caratterizzare questo tema ancora lungo il corso degli anni Settanta, rimane ben poco: qualche esile, sfumata figura d’uomo, qualche corpo sdraiato al sole, sulla spiaggia, da cui si distingue appena, e più per la sottolineatura del filo d’ombra che per una sua propria consistente differenza plastica e di colore.

            I bagnanti non sono più i protagonisti della pittura di Mattera. Chiusi nel loro silenzioso isolamento, hanno ancora l’aria di appartenere ad una folla anonima. Essi continuano a vivere qui una condizione inerte e stordita, un rapporto marginale e straniato con il grande spazio della natura. I bagnanti senza volto delle ultime opere non esprimono il senso d’una presenza reale nel mondo, ma danno l’impressione di essere delle apparizioni momentanee, immagini precarie che, nell’estremo baluginante bagliore dei sensi, stanno per varcare la soglia dell’assenza.

            Protagonista della pittura di Mattera è diventata la durata insostenibile, ossessiva di una luca meridiana che, immobile ed inesistente, ha dilavato e sfaldato quegli stessi personaggi che un tempo, esibendo quasi con protervia una loro larga e squadrata solidità, o salvando almeno dall’assalto della luce un nucleo corposo di denso plasticismo, riuscivano a passare per gli ultimi esemplari, certo un po’ sfiancati e smarriti, di un’antica stirpe italica, discesa da Giotto fino al Nostro Novecento.

            Protagonista della pittura di Mattera è l’aria caliginosa d’una interminabile, torrida giornata d’estate, che avvolge tutto nel suo spessore umido, e assorbe la luce, la filtra e la rimanda con mille riverberi che abbagliano e sfocano la vista. Eppure, proprio nella capacità dell’artista di sentire intensamente, di accogliere totalmente dentro di sé questa particolare situazione atmosferica, e direi persino di esasperata meteorologia stagionale, è la ragione principale che fa dei dipinti recenti, dove quasi null’altro si vede che il cielo e la terra, qualcosa di molto lontano dal genere pittorico del paesaggio. Anzi, queste non sono realmente vedute di paesi e luoghi di mare.

            L’impalcatura compositiva più semplice che possa mai immaginarsi, con i due piani del cielo e della terra accostati e incardinati sulla linea dell’orizzonte, sostiene uno scenario disadorno e monotono, dove non sono certo le rare larve dei bagnanti a introdurre una nota di vita. Ma lo spazio vuoto si riempie lentamente d’una ondata afosa, sentita, anche sulla pelle, come una presenza opprimente ma viva, quasi l’alito caldo e profondo della natura. E, allora, non dovrebbe essere difficile comprendere la totale estraneità alla tradizione paesaggistica – almeno nel senso diminutivo che tale tradizione spesso suggerisce, e che non è certo quello di Turner e delle ninfe di Monet – di queste immagini della natura, come prima le abbiamo chiamate, ovvero di questi singolari referti di una stabile meteorologia estiva, caricata d’una straordinaria tensione percettiva e psicologica.

            Nelle opere che dettero avvio alla serie dei «Bagnanti», dipinte intorno al 1973, la figura umana quasi sempre s’accampava nei primi piani, sì che l’artista poteva scrutare da vicino i suoi personaggi e indagarli nei loro caratteri fisionomici. Non era ancora scesa quest’aria torpida a rendere velata e trepidante la percezione del mondo, a darle questo carattere di lontananza, sentimentale prima ancora che visiva. Anzi la nitida incisività delle notazioni realistiche accennava a colorarsi d’una venatura critica, se non proprio di polemica sociale, cui non era forse estraneo l’esempio della «Neue Sachlichkeit». Ma già negli anni immediatamente successivi Mattera venne sviluppando una disposizione d’animo più dolce che inteneriva la materia pittorica di umori sottilmente malinconici. Per questa via, che non era solo di arricchimento delle possibilità evocative dell’immagine, ma di decisivo rinnovamento del linguaggio pittorico, l’artista è poi coerentemente giunto ad una figurazione affidata ad ampie e rigorose partiture spaziali, a scansioni compositive sfoltite di particolari e tali da consentire al colore di acquistare una vibrante qualità luminosa, muovendosi a suo agio nella semplificata geometria dei piani. In tal modo Mattera ha voluto sciogliere il nodo troppo stretto che prima legava l’immagine alla realtà. Ma non ha reciso il rapporto con questa. Arretrando il suo punto di osservazione, l’artista s’è collocato ad una distanza da cui ha potuto scoprire un’ampiezza ed una profondità di innumerevoli e mutevoli forme di vita, ma il fascino del respiro grandioso della natura. E i personaggi dell’artista ischitano, nel loro appartarsi in un’attesa inerte – che non conosce risposte, ma non pone neppure domande – sono diventati i muti testimoni dell’assorto sgomento che nasce dall’intuizione di una realtà che trascende e domina i limiti dell’esistenza umana.

 

 

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